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CANTO NOTTURNO DI UN PRETE ASSONNATO DELLA SICILIA

di padre Bruno de Cristofaro icms

Vorrei riuscire a spiegarmi, vorrei riuscire a farvi sentire che vuol dire.

Ogni sera è la stessa storia. Da anni.

Passare dalla cappella, trascorrervi gli ultimi momenti della giornata e scoprire che il pensiero corre naturalmente -di nuovo- nella stessa direzione. Avviarsi in camera, prepararsi per andare a dormire e fare i conti con un chiodo fisso: i figli.

Inginocchiato ancora davanti al tabernacolo o finalmente accanto al letto, sempre e comunque accompagnato da un filo di sottilissima ansia. Come una sorta di rumore di fondo, di acufene dell’anima che fa ronzare imperterrito il ricordo insistente di tutti. Di tutti i ragazzi che ti sono stati affidati. Ora e in passato.

Di loro rivedi i volti, le storie, le situazioni, le sofferenze, le conquiste, i silenzi, le debolezze. Tutto è passato in rassegna in pochi attimi, quelli che il sonno ti concede ancora. Di ciascuno ti chiedi dove potrebbe essere a quest’ora (molti di loro sono lontanissimi geograficamente, altri affettivamente), ti chiedi che cosa farà mai, ma-soprattutto- come sta.

Pensi a chi hai visto oggi e a chi incontrerai domani, ma anche a chi è sparito dalla circolazione, a chi sai che si sta buttando via, a chi ha qualcosa da nasconderti, a chi ti accusa di averlo dimenticato e a chi finge di non averti mai incontrato…

In quell’ultima benedizione della sera ci sono proprio tutti, dai più piccoli ai più grandi: felici e infelici, sinceri e bugiardi, cari e ingrati. Sai che essa valica ogni distanza (fisica e non), come una mistica rete che ogni pescatore di uomini dovrebbe gettare sul lato destro della propria barca. Proprio quando hai faticato anni interi e temi di non aver risolto nulla. Avendo come sola garanzia l’ordine netto di Chi ti ha chiamato (e che ha più premura dei tuoi ragazzi di quanta loro ne abbiano per se stessi).

Qualcuno, per tutto questo, mi dà dell’iper-responsabile, dell’invadente, del rompiballe. Niente di più vero -per carità!- ma onestamente non so come altro dovrebbe essere un prete cattolico.

Io so esserlo solo così. Per voi. A prescindere dalle preoccupazioni che posso avere per la testa. A prescindere da quello che fate e dai casini che combinate. E a prescindere perfino da quello che pensate di me.

Ha molta più importanza quello che Dio pensa di voi. E io credo di averlo indovinato. Altrimenti non avrei fatto questo mestiere.

Sogni d’oro, ragazzi.

pB

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